"Lei sta all’orizzonte: mi avvicino due passi, lei si allontana due passi. Cammino dieci passi, e l’orizzonte si allontana dieci passi più in là. Per molto che io cammini, mai la raggiungerò. A che serve l’Utopia? A questo serve: a camminare!" (Eduardo Galeano)

mercoledì 17 giugno 2009

LA CARITA' NEGATA

Riporto l'intervento di Maurizio Braucci sul Corriere della Sera inerente i fatti successi a Napoli il 26 maggio.

Quel musicista con la fisarmonica e i trenta minuti di carità negata
“Qui non lo lascio. No!” ha detto Mirela, la moglie di Petru Birladeandu, il suonatore ambulante rumeno, ucciso dai killer della camorra il 26 maggio scorso, vittima innocente durante un’azione di rappresaglia criminale nel pieno centro di Napoli. Una settimana fa, Mirela è fuggita in Romania con i due figli e ha disposto che le spoglie del suo caro siano rimpatriate al più presto, lamentando così il duplice oltraggio subìto: l’assurdo ferimento di Petru durante la sparatoria e la sua agonia davanti ai tornelli di un’affollata stazione ferroviaria dove si era rifugiato malgrado fosse stato raggiunto da due proiettili. E’ rimasto a terra per quasi mezz’ora Petru, senza che i treni nemmeno fermassero le loro corse, mentre le immagini del sistema di videosorveglianza riprendevano la gente che fuggiva via da Mirela che urlava disperata, cercando un aiuto che nessuno le ha dato fino all’arrivo dell’ambulanza da un ospedale, il vecchio Pellegrini, distante appena 20 metri. La telecamera esterna mostra che solo alcuni minuti prima, Petru attraversava con Mirela piazza Montesanto, davanti alla stazione della linea cumana che ogni giorno serve migliaia di pendolari e turisti. Ambedue appaiono con il passo stanco di una giornata di fatica, la fisarmonica al collo con cui spesso li avevo visti girare tra i vicoli, suonando melodie che molti ripagavano lanciando monete dalle finestre. Eppure, lì, in un momento cruciale, non hanno trovato nessuna carità, nessuna compassione. Non credo sia stata indifferenza quella di chi li ha evitati, erano persone spaventate, forse raggiunte dal rumore degli spari appena trascorsi, forse semplicemente assuefatte al vortice di una città violenta e abbandonata a se stessa da politiche che guardano prevalentemente all’immagine turistica e culturale. Non è stata indifferenza ma piuttosto ignavia, un’incapacità ad agire secondo valori dignitosi ed umani, il prevalere di quella viltà con cui si tira a campare, con cui si dice: tengo famiglia, cucendosi addosso mille giustificazioni e diritti, omettendo ogni discorso sui propri doveri, come ha esasperatamente imparato a fare l’Italia di oggi, non solo Napoli. Secondo alcuni, lo sguardo di chi ha tirato dritto aveva compreso che si trattasse di un immigrato, di uno che conta zero, che qui non ci dovrebbe stare, forse per questo, durante la commemorazione del 4 giugno voluta dai centri sociali, una mano ha scritto provocatoriamente su un biglietto: un fiore per te Petru, questa era la tua città. Non sono del tutto convinto di questa posizione che, sebbene al passo con i tempi, fa salve ancora delle possibilità di solidarietà diffusa in una nazione dove invece la cultura prevalente istiga alla “furia agonistica” tra tutti. Quando nelle immagini a circuito chiuso, si assiste allo svuotamento del piccolo andito da cui tutti sono fuggiti e Mirela resta sola con il suo uomo agonizzante, si prova paura, una paura che va ben oltre quella della camorra e del degrado, la paura di ciò verso cui stiamo andiamo: un enorme vuoto disumanizzante, su uno sfondo metallico e impietoso, dove il sangue e le vittime del reale non riescono a provocare vergogna e indignazione se non per effetto di uno scoop. Inoltre, per quanto ancora i problemi di una città italiana, terza metropoli della nazione, dovranno essere isolati dal contesto generale e trattati come emergenze ed eccezioni che si affrontano con l’esercito, le misure speciali o con ridondanti dissimulazioni? Forse per sempre Napoli resterà “il ritratto di Dorian Gray” per un’Italia che non vuole vedere quanto è culturalmente e antropologicamente mutata, in peggio.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grazie, ANDREA, GRAZIE.
Un attimo per pensare, per reagire, per riprendere il filo, in un Paese che sta predendo l'anima, che da anni non sente più una parola alta, bella, vera, che apra il cuore alla misericordia (il cuore aperto ai miseri, agli infelici, per scomodi che possano essere), che è l'altra faccia della speranza. La parabola del Samaritano lo ricorda con abbagliante limpidezza: non ci salviamo, nessuno si salva, se non sappiamo più farci prossimi a chi è ferito, solo, al margine della nostra strada.
Ziapaola