Ho letto con molta attenzione la nota Cei che è stata prodotta questa settimana, rimanendo in parte non meravigliato e in parte deluso. Partirei innanzitutto descrivendo il contesto in cui si è venuta a creare in modo che ciascuno possa poi collocarla. Cos’è infatti la Cei? Da uno studio sulle lobby italiane presenti nel nostro parlamento, è emersa una classifica che a mio parere è alquanto desolante poiché inserisce nei primi 5 posti ben 3 gruppi d’interesse appartenenti alla chiesa. In prima posizione troviamo la Compagnia delle Opere (braccio di Comunione e Liberazione che oltre a far politica possiede varie società per azioni che producono milioni di euro di utili annui che vengono per la maggior parte impiegati in queste attività), in seconda posizione Confindustria (associazione degli imprenditori italiani che promuovono i diritti dei datori di lavoro), in terza troviamo i sindacati (associazioni dei lavoratori che contrattano gli aumenti salariali e migliori condizioni lavorative), in quarta la Cei (l’insieme di tutti i vescovi italiani) e in quinta l’Opus Dei (organizzazione con qualche ombra nella quale sono presenti persone molto potenti). Ecco che quindi la Cei non si astiene e non si è mai astenuta dal far politica. Anzi, è una di quelle organizzazioni che riesce a controllare e a fare pressing affinché si veda riconosciuta come importante e riesca a manipolare i processi parlamentari, soprattutto attraverso alcuni deputati e senatori che, pur non sembrando, sono collusi e mangiano in quel piatto non tanto trasparente.
La domanda che sorge spontanea è: allora perché questa volta c’è stato bisogno di emanare una nota invece di lavorare nei retroscena della politica? Evidentemente perché non sono riusciti a trovare persone disposte ad ascoltare; o meglio, perché la richiesta che fanno non ha nulla di tangente con la realtà!
Partiamo dalla definizione di bene comune data dal catechismo della chiesa cattolica: “Per bene comune si deve intendere l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente”. Nella nota viene citato per ben tre volte il bene comune. E proprio nel mio ultimo post avevo affiancato ai Dico questo tema. Tema che trovo in un qualche modo distorto nella nota, poiché si ritiene che il bene comune sia la propria idea. Ed è inoltre presente l’arroganza di essere possessori di questo bene comune e sembrare dei crociati che combattono affinché questo bene comune vada preservato. Interessante andare all’origine del bene comune, accingendo proprio dal catechismo della chiesa la sua definizione. Si legge chiaramente come nel precisare questo termine non si menzioni mai, neanche tra le righe, un qualsiasi riferimento a ciò che può essere detto “sacro”. Questo perché coloro che hanno redatto la definizione, erano consapevoli di non essere totalizzanti nella ricerca del bene comune, ma che nel bene comune poteva trovare posto anche la Chiesa. Quindi non un bene comune a servizio o a esclusiva della chiesa, ma bene comune al cui interno uno dei soggetti sia la chiesa. E’ quindi impossibile che vi sia oggi la presunzione dei vescovi di spendersi sul bene comune rimanendo arroccati sulle proprie posizioni, appunto perché il bene comune si raggiunge insieme a tutte le altre formazioni sociali. E’ un percorso ispirato al pluralismo, dove ciascuno con la propria diversità e la propria bellezza esprime se stesso e, attraverso un processo politico e democratico della miglior specie, si giunge al bene comune. Di questo però non me ne sono meravigliato più di tanto, poiché il clima e le condizioni ambientali che si erano create, erano tali da far rinchiudere i vescovi dentro loro stessi, senza ascoltare o percepire ciò che veniva dall’esterno. Da subito si è creata una sorta di divisione tra i cristiani doc e coloro che voltavano faccia alla cristianità. Una divisione che ha fatto male alla chiesa e al suo messaggio evangelico. I vescovi rinchiusi in questo guscio mediatico, hanno ricevuto impulso soltanto dalle parti che si sono proclamate difensori della famiglia, scordandosi che dietro quegli slogan è presente nella quasi totalità dei casi un intento prettamente partitico facente parte della peggior politica.
Nel merito della nota, viene richiamata (come avevo già immaginato nello scorso post) la concorrenzialità che questa nuova forma avrebbe, ritenendola addirittura pericolosa, nei confronti dell’istituto famigliare. Immaginandosi e creando da sè una battaglia con l’eventuale formarsi di coppie dello stesso genere e perdendo la visione di insieme nella quale vengono contemplate altre forme sociali di cui non si fa neanche menzione. Parlo di quelle coppie aperte alla fecondità e che per loro scelta hanno deciso di non contrarre matrimonio, ma che nulla possono avere in meno rispetto alle altre “normali”; oppure al fenomeno sempre più diffuso, causato dall’allungamento della vita media, di persone che durante la loro terza età vanno a convivere per non sentirsi soli e per riuscire a tirare meglio a fine mese, poiché la casa costa e la pensione perde potere d’acquisto giorno dopo giorno; oppure al fenomeno di single (sempre più presenti) che anche loro convivono, magari con persone del loro stesso genere, senza avere però alcun legame affettivo in senso stretto. Tutte queste situazioni non vengono neanche prese in considerazione dalla nota, riducendo il tutto alle coppie omosessuali che tanto fanno parlare di sé, ma che in realtà sono un’infinitesima parte del problema. Tra l’altro le stesse lobby gay sono contrarie a questo provvedimento, poiché non è ciò che vorrebbero per loro. Questo a dar ancora maggior significato che il disegno legge non contempla queste situazioni.
Si è persa poi una grande occasione. Quanto sarebbe stato bello poter sentire in questo momento che la chiesa riconosce il matrimonio cattolico per la sua intrinseca bellezza e il suo inestimabile valore! Era un momento propizio poiché in tanti aspettavano questa famosa nota della Cei, e avrebbe trovato dunque un terreno fertile per seminare un po’ di quel messaggio grandioso di Gesù, che oggi sembra andato perso. Preoccupati più che la nostra famiglia rimanga un monopolio, piuttosto che ribadire con forza il significato del matrimonio cattolico. Nella nota la famiglia “prototipo” viene caratterizzata esclusivamente da un “impegno di fedeltà stabile tra i coniugi e impegno di amore ed educazione dei figli”. Mi sembra davvero poco e molto superficiale come caratterizzazione della famiglia cristiana. Peccato davvero per questa chance persa…
Infine l’ultimo punto lo vorrei dedicare al penultimo paragrafo della nota, dove la chiesa si esprime vicina ai politici che devono prendere questa decisione e auspica che sempre un maggior numero di cristiani entri in politica. Auspico anch’io che sempre un maggior numero di cristiani entri in politica poiché, chi compie questa scelta, la vive in uno stretto contatto con la propria fede e da lei stessa trae forza e origine. Un impegno che dunque è più profondo e meditato rispetto ad altrettanti carismi presenti nel panorama politico. Per riuscire in questa bellissima cosa e portare l’arte della politica ai suoi migliori splendori, comunicando e dicendo che la politica è bella e che spesso non ha a che fare con una parte marginale di politici collusi, bisogna che i cattolici vengano lasciati liberi e svincolati dalla chiesa. Una chiesa che oggi vuole dare risposte, mentre dovrebbe dare solamente i criteri con cui compiere le scelte. Politici d’ispirazione cattolica che dunque saranno sempre di più se tutte le lobby ecclesiali ritrarranno le loro mani dalle votazioni parlamentari. Si scopre che spesso la Cei, per mano del suo presidente, vota al posto di tanti deputati e senatori, suonando una melodia ineguagliabile degna dei migliori pianisti parlamentari. Se il pianista Bagnasco riuscirà a interrompere questi concerti, allora forse davvero quegli ambienti spesso sporchi si riempiranno di una luce nuova. Di una politica nuova!
Inserisco il rimando alla nota Cei:http://www.chiesacattolica.it/cci_new/news_images/2007-03/30/Nota.pdf
sabato 31 marzo 2007
NOTA CEI - IL PIANISTA BAGNASCO
Pubblicato da Andrea Orlandi alle 12:03
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