"Lei sta all’orizzonte: mi avvicino due passi, lei si allontana due passi. Cammino dieci passi, e l’orizzonte si allontana dieci passi più in là. Per molto che io cammini, mai la raggiungerò. A che serve l’Utopia? A questo serve: a camminare!" (Eduardo Galeano)

mercoledì 15 settembre 2010

INTERVENTO CONSIGLIO COMUNALE SULLA MAFIA

Il rischio più grande è che in questo stato di quiete la mafia acquisti spazi,
si allarghi e accresca la propria influenza e il proprio potere
Il silenzio è il miglior amico della mafia, combattiamolo.

Sono contento che questa sera ci troviamo in questa aula consiliare a discutere e parlare di mafia e criminalità organizzata. Come i più recenti fatti di questi mesi hanno dimostrato, il nostro territorio e il nostro comune non sono immuni da questo fenomeno tanto pericoloso, quanto troppo spesso silenzioso. Ed è proprio il silenzio il miglior amico della mafia. Ormai da anni la mafia si sta spostando al Nord e, a differenza di qualche anno fa, oggi sposta al nord non solo i capitali che ha procurato illegalmente in altri parti di Italia, ma anche i centri nevralgici e il cervello delle sue organizzazioni. Dobbiamo quindi alzare la guardia.

Vorrei partire da quello che riporta la Relazione della Direzione Investigativa Antimafia – distretto di Milano dell’anno 2009. Così si legge: “La zona ricompresa tra le Province di Varese, Milano e Novara mostra le nuove frontiere della ‘ndrangheta in Lombardia. Qui, diverse decine di associati, attraverso estorsioni, usura, riciclaggio, omicidi e ferimenti, detenzione illecita e porto di armi, stupefacenti, rapine sono riusciti ad ottenere il controllo completo del territorio dell’area geografica, imponendo regole imprescindibili e conferendo agli associati la facoltà di mutuo soccorso dirette ad assicurare, con qualunque mezzo, il sostentamento dei sodali anche in caso di detenzione. Il tutto per conservare la gestione monopolistica non solo delle attività criminose, ma anche di interi settori produttivi della zona, commissionando a tale scopo reati contro la persona di estrema gravità e realizzati con modalità esecutive spettacolari, anche nei confronti di appartenenti alla stessa organizzazione. Inducendo così le persone offese dalle loro attività criminali a non denunziare gli eventi alle autorità e a non collaborare con le forze dell'ordine adeguandosi alla condizione di assoggettamento imposta.”

Appare quindi evidente come il pericolo maggiore denunciato dalle Forze dell’Ordine sia il silenzio e l’apparente sicurezza di chi crede che la mafia non riguardi noi e non riguardi il nostro territorio. Invece la mafia c’è, i mafiosi ci sono e riguardano noi e il nostro territorio. Il rischio più grande è che in questo stato di quiete la mafia acquisti spazi, si allarghi e accresca la propria influenza e il proprio potere. Di fronte a questi fatti occorre quindi una forte presa di coscienza del problema e serve fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per portare il tema all’attenzione dell’opinione pubblica. Guardo quindi con molto interesse e attenzione il punto 1 e il punto 3 su cui impegniamo il Sindaco e la Giunta: realizzare corsi e dibattiti nelle scuole per discutere dei rischi connessi alla mafia e promuovere la formazione di amministratori e dipendenti comunali diretta ai controlli in materia di appalti. Queste sono due cose concrete che sono molto importanti: investire sull’oggi per tenere sotto controllo le infiltrazioni mafiose e investire sul domani per diffondere una cultura di legalità.

Vorrei inoltre porre l’attenzione sull’Expo 2015. Dove ci sono grossi appalti, spesso c’è anche la mafia. La stessa relazione della Direzione Antimafia mette già in allarme sui rischi connessi a tutte le grandi opere che saranno realizzate in funzione dell’Expo e della cui realizzazione saremo interessati anche noi. Non sarà l’Expo che porterà nuove organizzazioni mafiose nel nostro territorio perché è ormai appurato che ci sono già, ma potrebbe essere questa l’occasione per le organizzazioni già esistenti di estendere il loro potere. Vigiliamo quindi con grande attenzione.

Termino questo mio intervento ricordando una persona che ha combattuto la mafia pagando con la propria vita il perseguimento dei propri ideali. Una persona che sentiva forte il senso dello Stato e che ha messo in gioco la propria persona e famiglia, con le proprie professionalità e competenze, per combattere la criminalità organizzata: mi riferisco all’Avvocato Giorgio Ambrosoli. Lui, che ha combattuto una mafia un po’ diversa, non quella dei covi segreti e delle stragi, ma quella dei signori in giacca e cravatta, è un esempio civile a cui fare riferimento. Sì, perché la mafia non è solo quella del pizzo o delle stragi atroci che fanno rumore, come quella dell’uccisione del sindaco Vassallo (mafia questa che un altro servitore dello Stato come Paolo Borsellino combatté fino alla fine). Ma esiste una mafia che si annida nei salotti buoni, magari dell’imprenditoria e dell’alta finanza, come quella combattuta dall’avvocato Ambrosoli. Il fenomeno della mafia è multiforme e multicolore e va dai nascondigli segreti di cantine o taverne ai palazzi lussuosi di finanzieri e imprenditori. Mi colpiscono sempre le parole pronunciate da Giorgio Ambrosoli, il quale in una lettera alla moglie scrive: “È indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l'incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un'occasione unica di far qualcosa per il Paese. A quarant'anni di colpo ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito. Qualunque cosa succeda, comunque tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto. Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il Paese, si chiami Italia o si chiami Europa”. Ecco l’esempio e l’insegnamento di chi ha combattuto con determinazione e passione la mafia pagando i propri ideali con la propria vita. In particolare, noi che siamo chiamati alla gestione della cosa pubblica e a perseguimento del bene comune dobbiamo tenere sempre a mente l'esempio di Ambrosoli per tenere sempre la barra dritta nella lotta contro la mafia.

1 commento:

Anonimo ha detto...

E' così. Si fa politica quando si fa luce sulle deviazioni dal bene comune nell'interesse di alcuni, a costo di mettere a rischio il proprio corpo (e i propri affetti).
Ri-diciamolo, in un momento in cui si propone di fare politica usando il proprio corpo (e i propri affetti) per fare carriera nell'interesse di alcuni, deviando dal bene comune.
Ziapaola